Sasseta, a ridosso dello spartiacque appenninico Tirreno-Adriatico, è sorto lungo l'antica via transappenninica che collegava, attraverso l'agevole valico di Montepiano (m. 700 s.l.m), il territorio pratese con quello bolognese, la Toscana con la Pianura Padana, il sud con il nord. Data la posizione strategica, sono sorti sul suo territorio, nel corso del tempo, diversi tracciati.
Per una serie di ragioni che andiamo di seguito ad esporre, riteniamo che prima della realizzazione della SR325 (ex SS325) avvenuta a fine Ottocento, il più importante e forse il più antico percorso sia stato quello che ancora oggi viene ricordato come "via di Strada".
Ci vengono in aiuto nella ricostruzione di questo itinerario le mappe catastali di inizio Ottocento pubblicate dalla Regione Toscana sul proprio sito internet (progetto Castore - Catasti Storici Regionali), che d'ora in avanti definiremo semplicemente MC.
Via di Strada iniziava in località Il Ponticino a San Quirico, risaliva la valle della Bragola e dopo un'ampia curva raggiungeva Cafaggio, lambiva la frazione de La Piazza, I Balzi e continuava per i Falconi e La Chiesina. Proseguiva poi lungo la sponda sinistra del Fiumenta, sfruttandone alcuni terrazzi fluviali, fino ai piedi dell'abitato di Montepiano. Qui, come si apprende sempre dalle suddette MC, si divideva in due: via di Montepiano e via della Badia di Montepiano.
Quest'ultimo con ogni probabilità è da ritenersi il percorso più antico proprio per il fatto che portava direttamente alla Badia di Montepiano. Questo istituto religioso risale alla fine dell'XI secolo e come ogni monastero dev'essere sorto lungo una viabilità importante, quella che conduceva al passo di San Giuseppe e quindi in territorio emiliano.
Come giustamente ha osservato Abatantuono (in M. Abatantuono 2006) "sebbene diversi studiosi, abbiano ritenuto che queste vallate non fossero percorse da viabilità di una certa rilevanza, questa posizione non è condivisibile.La sola presenza di una fondazione monastica con annesso ospitale e già di per sé indice di una percorrenza non trascurabile [...] Montepiano, a cavaliere delle valli del Bisenzio e del Setta, venne a trovarsi nei pressi di un importante nodo stradale, ove confluivano diverse direttrici; a tale proposito appare interessante la dedicazione (nota da una carta del 1138 e quindi di poco posteriore alla fondazione) di un’altare della chiesa ai santi dei pellegrini Jacopo e Cristoforo". Sempre all'interno della Badia di Montepiano si conserva tuttoggi un imponente affresco raffigurante San Cristoforo, il gigante patrono dei viandanti, da alcuni attribuito alla scuola del Cimabue. Ma vi sono altri motivi che ci spingono a dire che questo percorso fosse di una certa importanza e avesse la funzione, soprattutto in età altomedievale, di collegamento transappenninico.
Innanzitutto lo stesso nome "via di Strada" ci suggerisce che questa dovesse essere, nella zona, la "strada" per eccellenza. Anche nelle MC, viene definita come "Strada di Sasseta" o "Strada di Montepiano" (nella parte più settentrionale) distinguendola dagli altri percorsi che sono nominati semplicemente come "vie".
Anche i toponimi che incontriamo lungo il tracciato di Via di Strada sostengono la teoria della rilevanza in passato di questo percorso.
Migliarine, torrente che interseca questa viabilità, fa supporre l'esistenza di un antico miglio romano.
I Romei, nome con il quale è indicato nelle MC sia un torrente che una località, fa pensare che via di Strada fosse una strada percorsa dai pellegrini per raggiungere Roma, una via romea appunto. Col termine Romei infatti s'indicavano in età medievale i pellegrini cristiani che, da ogni parte d'Europa (e, in qualche raro caso, anche dall'Africa e dall'Asia) si recavano a Roma per venerare il sepolcro di San Pietro e le spoglie di San Paolo e le vie da essi percorse prendevano il nome di vie romee. Ad analoghe conclusioni ci porta via di Poggio del Papa, oggi scomparsa ma ricordata nelle MC, e la dedicazione (nota da una carta del 1138 e quindi di poco posteriore alla fondazione) di un’altare della badia di Montepiano ai santi pellegrini Jacopo e Cristoforo (Abatantuono, 2004).
Strada del Giovo, nome che nelle MC assume via di Strada dopo la Badia di Montepiano, sembra distinguere via di Strada come la strada che portava al Giovo, cioè al passo appenninico.
In alcuni tratti questo percorso conserva ancora tracce di pavimentazione in pietra, come si può vedere dalla foto sottostante
Il fatto che Via di Strada potesse costituire il tratto più settentrionale di una via romea che percorreva tutta la valle del Bisenzio lo testimoniano anche i ritrovamenti avvenuti nella chiesa di Santa Lucia in monte a Prato (documentata sin dal 1090) a seguito dei lavori di restauro compiuti nel 2010. La notizia è riportata in www.patrimoniosos.it. Scavando per ultimare i lavori è stato trovato quello che probabilmente era un ricovero per i pellegrini. Una ricostruzione che ha delle prove specifiche: il cibario che c’è in chiesa e l’affresco di San Giacomo da Compostela, protettore dei pellegrini, che guarda altrove. Significa che si è fermato per rendere omaggio alla Madonna, affrescata nell'altra parete, per poi ripartire; nell'affresco, inoltre, San Giacomo è illustrato a denti scoperti: simboleggia probabilmente la fatica di chi percorreva queste strade come pellegrino.
Che la Val di Bisenzio fosse percorsa da una viabilità importante nel Medioevo, è testimoniato anche dal fatto che già «nel 1192 il Comune di Bologna si era assicurato che il conte Alberto da Prato tenesse libero il passagium fra Bologna e Prato, che il conte controllava in nome della famiglia; gli Alberti, del resto, detenevano in feudo imperiale un'amplissima zona attorno alla valle del Setta, che si fecero confermare nel 1164 da Federico I: le corti e i castelli, fra gli altri, di Bruscoli, Serravallese (forse la Serra presso Monteacuto Vallese), Rocca Conflenti (Confienti), Arcaza (Monteacuto Ragazza), Cerbaria (Cerbaia), Vergnio (Vernio), Mons Acutus (forse Monteacuto Vallese), Baragazza, Limogno (le Mogne), Castilione (Castiglione dei Gatti, poi dei Pepoli), Creta (Creda), Mucone (Mangona), Pilianum cum Spargo (Pian del Voglio e Sparvo). ( Foschi 1992).
Un altro accordo del 1307, stipulato tra i comuni di Firenze, Prato, Bologna e i conti Alberti di Mangona (che in questo periodo godevano di rinnovato vigore) definì il percorso di due tragitti:
“quod strata qua itur Bononiam vadat per infrascripta loca, et motum sum(m)at a terra Prati, et recto et usitato et antiquo tramite procedat et vadat ad castrum Cerbarie et Vernii et ad Monteplanum et ad Castillionem de Gactis et deinde intret in comitatum et districtum Bononie per territorium de Trasserra; item quod alia strata ad eundum Bononiam mictatur per vallem Marine et vadat versus partes Barbarini et Mangoni et recto tramite procedat et vadat ad Montemplanum et a Monteplano in antea ut supra scriptum est”.
Nella parte bolognese la strada proseguiva, lasciato Castiglione, per Trasserra, Creda, Monteacuto Ragazza, Prada, Tavernola, Veggio, Vado e Caprara per poi giungere al Sasso. Dell’utilizzo di tale percorso si ha menzione nel 1311, quando un monaco di Montepiano, per recarsi a Bologna (ove il monastero possedeva una casa) per portare del denaro affidatogli dal conte Alberto (gli Alberti avevano possessioni in città e nelle colline) fu assalito e derubato a Veggio da certi malandrini (M. Abatantuono 2006).
Fu proprio durante il dominio degli Alberti che la Valle del Bisenzio rappresentò uno dei più importanti assi di collegamento tra Toscana ed Emilia. Come giustamente ha osservato Gabriele Gattiglia in Gattiglia G., Milanese M. 2009, gli Alberti fondarono il loro principato sul controllo delle principali vie di comunicazione che collegavano l'Appennino bolognese con il Valdarno e la Toscana centrosettentrionale con la costa maremmana, ovvero di quelle direttrici che "univano tra loro le aree produttrici d'importanti materie prime come il sale , i metalli in particolare l'argento, ed i prodotti derivanti dall'allevamento e dalla transumanza (carne, lana, pelli, formaggi)" (Ceccarelli Lemut 1996, pag. 201).
Non è escluso che questo tracciato fosse già conosciuto in epoca romana, visti i ritrovamenti di monete romane sia a Mercatale (Loc. Le Bernie; AA.VV. 1994, p. 131) che a Luciana (AA.VV. 1994, p. 126) e data l'esistenza del toponimo Migliarine, con cui si indica un torrente che lo interseca. Se è vera la teoria secondo la quale il nome Vernio deriva da "Hiberna", quartieri invernali, dove le milizie romane svernavano prima di dirigersi in Gallia, è molto probabile che i Romani utilizzassero questa via per raggiungere la Pianura Padana.
Questa strada nel corso dei secoli perse la sua importanza per vari motivi: in primis la situazione politica della zona che fu feudo dei Conti Bardi e visse così una situazione di vero e proprio isolamento. Eloquente a riguardo è un episodio del 1778. In quell'anno il granduca Pietro Leopoldo incaricò padre Ximenes di studiare quale varco dell'Appennino meglio si prestasse per stabilire un collegamento con la Pianura Padana e la risposta fu molto chiara: le valli del Bisenzio e del Setta. Ma a quel tempo il territorio di Vernio era ancora proprietà dei conti Bardi i quali, uniti ai Pepoli, negarono il passo. La strada perse così la sua funzione di collegamento transappenninico e venne dunque trascurata. Nell'Ottocento sappiamo che era difficile valicare in questa zona l'Appennino: dopo S. Quirico si poteva proseguire solo con i trapeli, aggiunti a carri e diligenze.
Fu nel 1838, soprattutto a causa delle pressioni delle popolazioni, che il Cav. Raniero Buonamici e Carlo Gualtieri, Gonfaloniere di Vernio, ripresero l'antico progetto di Ximenes per la realizzazione di una nuova strada, incaricando il Sig. Francesco Guasti, consigliere del Corpo degli Ingegneri Toscani, di uno studio di fattibilità (vedi a fondo pagina).
«I tentativi del Buonamici e del Gualtieri sembrarono andare a buon fine nel 1840, quando il Comune di Prato raccolse l'idea del completamento della strada S. Quirico-Montepiano, deliberando di associarsi alla metà della spesa. Ma il progetto cadde in ombra perchè nel frattempo fu decisa l'apertura della strada Leopolda, da Pistoia a Porretta e solo dodici anni più tardi l'iniziativa registrò un momento di ripresa, questa volta per impulso dei Castiglionesi che intrapresero i lavori dal Castello al confine toscano, nei pressi de La Storaia.
Nel 1885 fu costruita la rotabile tra Montepiano e il rio Fobbio e si dette inizio ai lavori per il tratto S.Quirico-Cafaggio. Per il completamento del percorso finale, da Sasseta a Montepiano, si dovette attendere l'agosto del 1892, dopo l'attraversamento tramite ponti in muratura del rio Malvino, del Calin dell'Inferno, del rio Bosco. L'impresa fu progettata e realizzata dall'ing. Cesare Bocconi e con l'assistenza dell'ing. Florindo Bargellini» (L. Cangioli, A. Marchi 1993).
Su questo stesso tracciato ultimato nel 1892 sorge l'attuale Strada Regionale 325.
Il collegamento con Luciana, avveniva tramite una strada che poco più a nord del Mulino di Sasseta attraversava il Fiumenta tramite un ponte di cui oggi si conservano soltanto i fianchi (si veda foto sottostante).
(ASP, Carte Buonamici, 121, pubblicato da L.Cangioli e A. Marchi 1993, pp. 31-33)
Desideroso di corrispondere alla fiducia mostratami dalle SS LL Illme nel commettermi il Progetto per la costruzione di una Strada ruotabile che da S. Quirico di Vernio giunga al confine dello Stato Ecclesiastico varcando l’Appennino a Montepiano, dopo aver fatto le operazioni necessarie sui luoghi, mi do premura di sottoporre alla loro considerazione le più interessanti relative notizie persuaso, che la cognizione dei principali elementi dell’intrapresa, ancorché precedenti al completo sviluppo del Progetto, non possa riguardarsi come indifferente, e prematura.
È noto che la via provinciale di Val di Bisenzio cessa di essere ruotabile a S. Quirico di onde s’inerspica per le pendici del vicino Monte con ineguale, e faticoso pendio per il tratto di oltre tre miglia, con le quali guadagna il giogo di Montepiano, uno dei più depressi del nostro Appennino. L’opposta valle del Setta, al contrario ha un’inclinazione assai facile, ma la strada, che ci si introduce, e prosegue fino al confine percorrendone la sinistra pendice, si mantiene sempre impraticabile alle ruote, sebbene le condizioni del luogo sieno le più confacenti ad un ottimo andamento. Quest’ultimo tratto da Montepiano al confine dello Stato Pontificio poco differisce dalla lunghezza di due miglia.
Attese queste circostanze si è resa meritevole di particolare studio la traccia della progettata strada ruotabile nella meridional pendice di Montepiano, che tributa le sue acque al Torrente Fiumenta, e quindi al Bisenzio, ma superato il descritto giogo niuna difficoltà si è incontrata nel segnare la via medesima nell’opposta valle del Setta.
Alla distanza di oltre un miglio da S. Quirico trovasi sull’attuale via il luogo denominato Sasseta notabile per molte abitazioni sparse e senza alcuna continuità di Borgata. Benché la sua elevata posizione al di sopra di S. Quirico richieda particolare studio per dirigervi la nuova via rotabile, ho creduto doverla quindi condurre, non tanto per profittare dei vantaggi, che un luogo abitato può procurare ai passeggeri, quanto ancora perché le inferiori costi sono molto scoscese, e mal ferme. Le sinuosità delle ristrette valli tributarie alla Fiumenta permettono di condurre la strada fino a Sasseta con un declivio, che non oltrepassa l’8 per cento per circa un miglio e 3/4 in due diversi modi, cioè partendosi dal Palagio detto il Casone a piedi del Villaggio di S. Quirico, e profittando della Valle del fosso Capriglia per passare al di sopra del paese, ovvero traversando il paese medesimo e conducendo la nuova traccia più bassa della prima per fare una doppia rivolta, o ripresa nelle vicinanze di Sasseta. Si crede per altro il primo andamento all’altro preferibile come più regolare, e meglio esposto.
Passata Sasseta, è necessario, che la strada traversi una pendice che mostra i segni di un non remoto scoscendimento, ed è tuttavia soggetta a qualche mossa superficiale di alcuni macigni distaccati, e sconvolti, passaggio scabroso, ma da non disperare, che l’arte possa assicurarvi i suoi lavori. Dopo quel luogo può percorrersi la sinistra costa del Fiumenta in un terreno sicuro fin presso al Ponte di Filignacci con le facili pendenze del 2 del 3 e del 5 per cento, per riprendere in seguito in una lunghezza poco minore della precedente il maggior declivio dell’8 per cento, onde condursi a Montepiano profittando della cavità degli altri Valloni e senza aver bisogno di alcuna ripresa.
Fatta la salita sviluppata in tal guisa avrà la lunghezza di circa miglia quattro, e 1/8 senza che vi si presenti il bisogno di molto grandi opere d’arte. Come di ponti di notabile ampiezza, ed elevazione riscontrandosi però frequentemente la necessità di far uso di muri a sostegno delle spianate, dove la Costa del Monte, che si traversa ha una notabile inclinazione.
L’esposizione della strada è sempre assai felice godendo del Mezzogiorno, e inclinando molto spesso a Ponente. Al di là di Montepiano la diversa, e più facile giacitura della valle del Setta non rende necessarie pendenze notabili, che anzi possono tenersi sempre inferiori al 4 per cento, né obbliga a costruzioni di molto rilevante dispendio e la pendice traversata è rivolta a Levante.
Le operazioni per la traccia di questa strada del terreno sono state condotte fino ad una certa distanza dal confine Territoriale cioè fin presso alla Storaia reputandosi indispensabile un qualche concerto con gl’Ingegneri Pontifici per stabilire un Ponte sul rio Fobbio, che separa i due stati.
Potrà il progetto da redigersi esser diviso in quattro sezioni cioè la prima da S. Quirico a Sasseta, la seconda da Sasseta al Rio de Filignacci, la terza fino a Montepiano, la quarta fino al confine dello Stato Ecclesiastico ad oggetto di promuovere la concorrenza degli attendenti nel caso di eseguire l’intrapresa per incanto, o anco di facilitare il reparto della spesa quando si trovasse espediente di assumerne l’esecuzione in diverse epoche successive.
È un pregio raro, e forse singolare di questa direzione, quello di potere dal fondo della Valle superare il giogo dell’Appennino con sole quattro miglia di salita, e se l’attual via per la valle del Bisenzio giungesse a S. Quirico con quella continua, ma facilissima aclività, che potrebbe accordarsi con le condizioni della Valle e rimontare, non vi sarebbe (almeno in Toscana) esempio alcuno di un così facil mezzo per traversar l’Appennino.
Lasciato per ora a parte ogni riflesso sull’opportunità di rettificare la strada, prima di S. Quirico, a cui non richiamandomi la commissione, onde io vengo onorato, è mio dovere dar conto alle SS. LL. Illme della spesa, che può rendersi necessaria per la costruzione della strada, considerato che convenga determinarne la larghezza a dieci braccia, come l’importanza della comunicazione può richiedere. Questa spesa, tutto compreso, cioè lavori, ed acquisto di suolo viene da me considerata £ 160.000.
I pregi di questa comunicazione sono evidentemente attestati dall’interesse, che ne dimostrano non solo gli abitanti delle Comunità di Vernio, ma quelli ancora delle limitrofe Comunità dello Stato Ecclesiastico, cha han già iniziate le opportune trattative per ottenere l’apertura. Né le loro mire si limitano alla parziale utilità che ridondare ne potrebbe agli abitanti delle Valli Montane circostanti al confine dei due Stati nella descritta direzione, ma sono rivolte al più importante oggetto di far servire la nuova strada al commercio fra la Toscana e la Provincia Bolognese.
Né queste mire riguardar si possono come mal fondate, quando si rifletta, che nei rapporti di comodità di tragitto, la direzione della progettata strada presenta vantaggi molto rilevanti a confronto delle comunicazioni attuali fra Bologna, e la Capitale della Toscana. Per essa di fatti dopo aver traversata la Città di Prato, e risalita la Valle del Bisenzio, si varcherebbe l’Appennino una sol volta per discender poi nelle valli della Setta, e del Reno sfuggendo la frequente, ed incomoda alternativa delle malagevoli salite e discese, che tanto ritardano e rendono dispendioso il viaggio tra Firenze, e Bologna.
La nuova strada percorrendo una campagna meno soggetta all’intemperie, e ben popolata, offrirebbe al Viaggiatore i vantaggi sperabili dall’industria delle Popolazioni, mentre questa a vicenda prendere potrebbe maggiore sviluppo dall’affluenza dei Viaggiatori, e dalla comodità dei trasporti.
La città di Prato distinta fra le altre di Toscana per varie arti, e manifatture, che da gran tempo possiede, e conserva in florido Stato, e per le molte industrie che più recentemente vi si sono introdotte, la quale com’è ben noto, ha importanti rapporti commerciali con Bologna, può ripromettersi grandi vantaggi all’apertura di questa strada mediante la quale per essa rimarrebbe abbreviata, e grandemente agevolato il tragitto per Bologna, e le adiacenti campagne non meno sembrano interessate in questo progetto, dalla cui esecuzione sperar possono un più sicuro smercio dei loro prodotti.
Presentare nel suo miglior punto di vista tutti i vantaggi della progettata intrapresa, sarebbe un assunto superiore alle mie locali cognizioni, ai miei lumi, alla mia languida voce, e quando pur ciò si tentasse con ogni diligenza ed impegno da ben più valido soggetto, potrebbe accadere, ciò che non è raro, che le risultanze dell’opera eseguita fossero anco più favorevoli di quelle, che un accurata previdenza può farne sperare. In un epoca di universal tendenza a miglioramenti industriali, e alla ricerca dei più efficaci mezzi per fargli valere, l’eseguire un opera di questo genere è senza dubbio porre una pietra nell’Edifizio della Social prosperità, è un procurare un titolo alla generale riconoscenza.
Questi riflessi ho creduto di esporre alle SS. LL. Illme precedentemente al generale sviluppo del Progetto commessomi, al quale non lascerò di dedicare il tempo, di cui posso disporre nelle mie attuali ingerenze frattanto con sentimenti di grato animo per la fiducia accordatami, e al tempo stesso con la maggiore considerazione, ed ossequio, ho l’onore di prostrarmi.
Delle SS. LL Illme
Firenze 22 Ottobre 1838
Dvmo Obbmo Servitore
Firmato Francesco Guasti