ITINERARIO N. 1
Cafaggio-Poggio di Mezzana
Questo itinerario parte da Cafaggio, frazione meridionale di Sasseta. Il toponimo Cafaggio, deriva dal termine longobardo “gahagi” (“recinto”) per indicare un luogo dove si radunavano e custodivano i capi di bestiame che scendevano dall’alpeggio.
Risalendo il Poggio Forestiero si incontra, sulla sinistra, dopo il primo tratto di salita, una croce in ferro, un tempo luogo di sosta delle processioni religiose a scopo propiziatorio del raccolto. A pochi metri di distanza il nostro itinerario volge sulla sinistra (a destra innesto sull’itinerario 3). Da qui il percorso assume le caratteristiche di stradello medievale, in parte pavimentato e fiancheggiato per lungi tratti da un alto muro a secco. Oltrepassata La Vigna, casa colonica non più esistente e sostituita in tempi recenti da una moderna casa di villeggiatura, si raggiunge Ceraiolo. La località, nel 700 è stata oggetto di un curioso fatto finito nella carte processuali del feudo che riportiamo nella sezione "Tradizioni". Sull’abitazione di sinistra spicca uno stemma in pietra, dov’è inciso un airone che sovrasta un castello. Più avanti un antico pozzo per la raccolta dell’acqua ha, sopra l’apertura, un’immagine della Madonna di Boccadirio.
Proseguendo il nostro itinerario giungiamo a La Moraiola (m. 588) , casolare in posizione dominante, contornato da campi coltivati e pascoli, dove si possono ancora oggi ammirare mandrie di bovini e caprini.
La strada passa attraverso castagneti secolari fino a raggiungere il vasto pianoro di Butia (m. 684; innesto con il sentiero CAI n. 58). Il termine deriva dal latino “bucita” e significa “mandrie di buoi”, animali che assieme alle pecore venivano qui condotte al pascolo.
Della località si ha notizia fin dal 1096 quando Ugo dei Cadolingi, detto Uguccione e figlio del defunto conte Bulgaro, dona alla Badia di Montepiano alcune terre, fra cui quelle poste in località Buita (nel territorio della pieve di Sant’Ippolito) e rette per lui da un certo Giovanni Pecorello. Oggi in questa località, al centro di estesi prati, si ammira un grande cascinale, con annessa burraia, in fase di ristrutturazione. Il luogo è piuttosto suggestivo, il panorama è pittoresco.
Il nostro itinerario (ora coincidente con il sentiero CAI n. 58) si inerpica su una ripida salita di roccia nuda. Sulla sinistra si trova il Campo alla Chiesa.
In questa zona secondo una leggenda sarebbe sorto l’antico paese di Sasseta, distrutto in un tempo non precisato da un’imponente frana, staccatasi dalla parte più aspra e nuda del Poggio di Mezzana, detta Agreto.
Dagli Statuti del feudo di Vernio del 1338 emerge un’interessante dato: Sasseta in quel periodo viene definito già sede di parrocchia, ma il Chiesino tutt’oggi esistente viene fatto risalire a non prima del 1556.
Proseguendo si raggiunge La Collina, dove il nostro itinerario devìa lungo il crinale del poggio di Mezzana. Dopo pochi metri incontriamo il cosiddetto Osservatorio, alta struttura in pietra, con interno terrapienato, elevata negli anni Venti come stazione di osservazione e rilievo e riferimento trigonometrico per la costruzione della “Direttissima” Prato-Bologna (la Grande Galleria dell’Appennino passa esattamente sotto, ad una profondità di oltre 360 metri).
Dopo una breve salita la montagna pianeggia in cime rotondeggianti, fino a raggiungere la sommità del Poggio di Mezzana (m. 892). Da qui “la veduta è mirabile, e forse la più bella che si abbia sulla Val di Bisenzio, poiché l’osservatore è come al vertice d’un angolo, da cui si dipartono i monti di destra e di sinistra” (E. Bertini 1881). Al limite della Bandita dei Conti Bardi (già esistente nel XVII secolo), in questo luogo i pastori portavano all’alpeggio i loro greggi riparati in capanne, di cui restano numerosi ruderi. Qua e là si scorgono ancora le trincee e i rifugi realizzati dai Tedeschi in ritirata nel 1944. Sul poggio di Mezzana, sorse in epoca medievale una torre di avvistamento, di cui restavano le mura ancora nel Settecento quando alcuni sudditi dei conti Bardi andarono a cercarvi un tesoro; qui, secondo una leggenda, si dettero la morte, bruciando tra le fiamme di una capanna, una discendente degli Alberti e il suo innamorato che l’aveva rapita il giorno delle nozze.
Più avanti il nostro itinerario interseca il sentiero 00 del CAI: volgendo a destra si raggiunge il passo de La Crocetta (It. 3), a sinistra si scende con il sentiero 58 del CAI. Al termine della discesa si incontra una bella faggeta d’alto fusto. Se si prosegue dritti si raggiunge Casa Il Tallaino, vasto casolare immerso fra boschi di faggio e castagneti secolari, oggi trasformato in residenza estiva. A nord-est è detto Il Castellare, evidentemente sede, in tempi antichi, di una fortificazione. Questo luogo, dove in estate venivano portati i greggi all’alpeggio, fu a lungo conteso fra pastori di Montepiano e di Sasseta, finché nel 1764 un documento lo riconobbe come area di pascolo comune degli uomini di Sasseta. Per tornare a Sasseta si continui lungo il sentiero 58 CAI e poi Itinerario 1.
ITINERARIO N. 2
La Chiesina - Montepiano
L’itinerario ha inizio nel cuore dell’abitato di Sasseta e coincide, per il primo tratto, con l’ex sentiero CAI n. 56. Subito si incontrano le due chiese di Sasseta. Quella più antica, detta anche Il Chiesino, è dedicata a Santa Maria della Neve e fu costruita nel 1556 per volere dei Bardi.
Sul lato opposto della strada è la nuova parrocchiale di San Michele Arcangelo (che assunse il titolo della distrutta chiesa di Poggiole), realizzata nel 1954-58 su progetto dell’architetto N. De Majer.
Lasciate le ultime case di Sasseta, in località Fontani, la strada diventa sterrata e, dopo pochi metri, ci imbattiamo nel tabernacolo di Forca con l’immagine della Madonna di Boccadirio. Al di sotto di essa campeggia un’iscrizione ripetuta in molti tabernacoli di madonne dei dintorni: “Fermati, passeggero, a quest’insegna/ chi non ama Costei in ciel non regna”. Secondo le fonti orali, questa tabernacolo venne eretto nell’Ottocento a seguito di un evento miracoloso: un bambino, che si era disperso nel bel mezzo di un terribile temporale, venne ritrovato completamente asciutto. Lui disse che una signora tutta vestita di celeste lo aveva riparato.
Il sentiero continua come sospeso sulla ripida valle del Fiumenta, in mezzo ad enormi massi: continuando l’ex sentiero CAI 56 si giunge al Mulino di Sasseta, mentre il nostro itinerario, parzialmente sbarrato da un grande sasso caduto recentemente, sale sulla destra. Terminata l’ascesa il paesaggio diviene molto più aperto e pianeggiante. Qui la strada conserva tracce di pavimentazione in pietra, in cui sono scolpiti i segni dei carri che ivi passavano per raggiungere il valico di Montepiano e quindi il territorio bolognese. Al termine del breve tratto di discesa, sulla sinistra si innesta la vecchia strada che conduceva a Luciana passando sopra un antico ponte di cui, adesso, si conservano soltanto i fianchi.
A nord di questo ponte si trovava la fornace Palazzi, oggi non più esistente in quanto demolita negli anni Settanta del Novecento, per la realizzazione della diga sottostante. «Si ricorda, a proposito di questa fornace, che disponeva di uno scivolo in laterizio, largo 40 cm, per il trasporto della terra cavata» (www.provincia.prato.it).
Il nostro itinerario n. 2 è adesso pressoché pianeggiante e fiancheggia il corso del Fiumenta, la cui valle in questo punto, si apre in ampi spazi. Dopo alcune decine di metri dall’incrocio con la carrozzabile Sasseta-Luciana, sulla sponda destra del Fiumenta sorgeva la cosiddetta Fornace d'Argeo che prende il nome da uno dei proprietari (Argeo Balestri), vissuto nel XIX secolo, poi passata a suo figlio Matteo. Fu costruita in questa zona evidentemente per sfruttare la terra e il sasso di Fiumenta. Secondo le testimonianze orali, in questa fornace veniva prodotta la stessa calce pozzolana utilizzata nella costruzione della Torre di Luciana (ciò ci induce a sostenere un’origine molto antica della stessa fornace). Alcune vecchie case e capanne di Sasseta e Luciana, sono ancora oggi coperte con tegole che riportano il marchio della Fornace Balestri (vedi foto sotto, da www.provincia.prato.it).
Il nostro itinerario continua sulla sponda opposta del Fiumenta che ci conduce, attraverso fitti boschi di castagni e carpini, a Montepiano.