Le recenti scoperte della città etrusca di Prato in località Gonfienti e la necropoli sui monti della Calvana hanno indotto gli studiosi ad individuare nella val di Bisenzio uno dei principali, se non il principale asse di collegamento fra l'Etruria propria e l'Etruria padana. Con ogni probabilità nascoste fra la sue montagne sopravvivono ancora le tracce di quell'itinerario "leggendario" definito alternativamente come "via etrusca dei due mari" o "via etrusca del ferro".
Questa sorta di "superstrada" antica viene citata per la prima volta dallo storico greco Skylax (Sciliace di Carianda VI – V sec. a.C.) il quale parla dell’esistenza di una via di comunicazione “larga 7 metri che in soli tre giorni consentiva al popolo dei Rasenna di andare da un mare all’altro” da Pisa sul Tirreno a Spina sull'Adriatico. A sostenere questa ipotesi vi sono, oltre ai già noti ritrovamenti di Spina, Bologna, Claterna, Marzabotto e Monte Bibele dove sono stati portati alla luce pezzi di lavorazione del ferro provenienti dall'isola d'Elba, le recenti scoperte di Casa del Lupo - Frizzone (Capannori) e Gonfienti (Prato).
Fino a poco tempo fa si credeva che questa strada fosse solo frutto della fantasia degli studiosi antichi e che gli Etruschi, organizzati in città-stato indipendenti e spesso in conflitto tra di loro, non avessero mai realizzato grandi vie di comunicazione. Si riteneva che usassero strade extraurbane in sola terra battuta, al più scavate nella roccia tufacea (come le note "vie cave" dell'Etruria meridionale), ben lontane dalle dimensioni e dalla tecnologia delle grandi vie consolari romane. «Poi, un bel giorno (maggio 2004) il gruppo di ricerca coordinato da Michelangelo Zecchini, archeologo di Lucca, sotto la direzione scientifica di Giulio Ciampoltrini della Soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana, compie un ritrovamento di eccezionale valore: in località Casa del Lupo, presso Capannori (Lu), affiorano circa duecento metri di una strada larga da quattro a sette metri (potevano passarci due o tre carri), ricoperta da una specie di "asfalto" (argilla pressata e piccoli ciottoli di fiume) che la rendeva liscia e resistente al passaggio di uomini e mezzi. Sembrava la solita strada romana, segnata in più punti dai solchi dei carri, ma i frammenti di vasi etruschi e attici insinuati fra le pietre hanno consentito di datarla tra fine VI e prima metà del V sec. a.C., in pieno periodo etrusco tardoarcaico. Ecco apparire dunque la più antica "superstrada" italiana» (da www.archeologiaviva.it).
Strada etrusca rinvenuta a Casa del Lupo - Frizzone (Capannori)
Intanto a Prato, in località Gonfienti (probabilmente dal latino confluentes, dove il torrente Marina si getta nel Bisenzio, affluente di destra dell'Arno), la Soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana porta in luce la più grande città etrusca mai scoperta (dodici ettari scavati, trenta quelli tutelati), al cui centro viene ritrovata una residenza di ben 1440 metri quadrati (fra le più grandi di età arcaica mai ritrovate), più del doppio della coeva domus dei Tarquini a Roma e una strada, il cosiddetto decumano, di circa 10 metri di larghezza.
Decumano di Gonfienti (da www.corriere.it)
Alla luce di questi ritrovamenti, emerge l'importanza della grande città-stato di Gonfienti che si pone in posizione centrale e strategica all'interno dell'itinerario dei due mari e di conseguenza il ruolo della Val di Bisenzio, quale direttrice di collegamento fra Gonfienti e l'Etruria Padana. «Il Bisenzio segna infatti una via naturale verso il valico di Montepiano - facilmente accessibile per la moderata altitudine che supera di poco i 700 mt s.l.m. - e quindi verso l'area bolognese: attraverso la Val di Setta - affluente del Reno - si raggiunge Marzabotto, il centro "gemello" di Gonfienti, con il quale fra VI e V secolo a.C. quest'ultimo condivide non solo le fondamentali scelte urbanistiche ed architettoniche, ma soprattutto la vocazione di controllo di ampi territori, delle relarive reti viarie, degli scambi commerciali» (Poggesi G. in Perazzi P., Poggesi G. 2011).
Da Gonfienti di Prato il viaggio delle merci proseguiva in direzione nord attraverso la Val di Bisenzio, faceva scalo a Marzabotto e continuava poi per Felsina e Spina raggiungendo l'Adriatico. Da qui salpava per raggiungere le coste dell'Europa Orientale.
E’ dunque facilmente rilevabile che le città di Gonfienti, di Marzabotto e successivamente il villaggio di Monterenzio, situati in modo allineato ai piedi opposti dell’Appennino, fossero le principali stazioni di stoccaggio, sosta e mercato, di tutte le merci che fecero la fortuna del popolo etrusco.
Probabilmente la via etrusca dei due mari ricalcava precedenti itinerari protostorici. I ritrovamenti effettuati nella piana pratese, ci inducono a ritenere che la val di Bisenzio abbia rappresentato, sin dalla preistoria, un'importante via di transito tra il nord e il sud della Penisola.
La recente pubblicazione (2011) della Carta Archeologica della provincia di Prato a cura di Paola Perazzi e Gabriella Poggesi ha infatti permesso di evidenziare i contatti culturali fra l'area pratese e quella padana a partire già dal periodo Neolitico. Le prime relazioni interregionali sono documentate dalla fine del VI millennio a.C. (Neolitico antico), attraverso la presenza di ceramica lineare rinvenuta a Galceti e dei vasi a bocca quadrata, d’influenza settentrionale, ritrovati nei pressi del Museo Pecci dove l'esistenza di decorazioni in “stile meandrospiralico”, finora non attestata in Toscana, indica una fase piena di quest’aspetto particolarmente diffuso in Emilia Romagna. Se l’antica età del Bronzo, ad eccezione della facies Campaniforme attestata in alcuni siti nei pressi di Galceti, sembra al momento poco documentata, come del resto accade anche nella vicina piana sestese (indagata in maniera piuttosto capillare), si dispone di un maggiore numero di informazioni per i periodi successivi dell'età del Bronzo, dalla media alla finale.
Alla media età del Bronzo si fa risalire il sito di Filettole, posto su un terrazzo fluviale all'inizio della Val di Bisenzio, oggetto di un saggio di scavo negli anni Settanta che ha restituito reperti collocabili dall'inizio della media età del Bronzo fino al Bronzo recente.
Ceramica di tipo appenninico, quindi di una fase avanzata del Bronzo medio, è stata individuata a Cava Rossa di Figline (ora Figline, Fornaci) ed a Galcetello, Villa Ristori, mentre una più generica attribuzione al periodo in questione è ipotizzabile per Costa di Monteferrato II.
"A queste sporadiche attestazioni, in anni recenti, si è aggiunto l’importante villaggio di Gonfienti-Scalo Merci dell’Interporto della Toscana Centrale situato nella piana di Prato nei pressi della confluenza fra il fiume Bisenzio e il torrente Marinella, su un alto morfologico protetto a Nord dai monti della Calvana, in un’area successivamente frequentata a scopi agricoli in età etrusca e romana.
Indagato in estensione per una superficie di oltre 4000 mq, ha restituito una quarantina di strutture infossate di dimensioni e forma variabili, semplici o multiple, più o meno profonde, con un’unica fase di utilizzo o più momenti di frequentazione, anche ravvicinati nel tempo. I numerosissimi e pregevoli materiali, in massima parte ceramici, ancora in corso di ricomposizione e studio, indicano che l’insediamento è stato occupato in particolare nelle fasi centrali della media età del Bronzo per almeno due secoli (XV-XIV a.c.), corrispondenti al BM 2 e 3, cioè al momento di massima espansione demografica delle terramare e “colonizzazione” della pianura Padana. I contatti con l’ambiente terramaricolo, più che nella struttura dell’abitato, si avvertono nella cultura materiale, che, come avviene in particolare dall’area ad Est del Panaro alla Romagna, fa registrare una commistione di evidenze di tradizione centro peninsulare - riconducibili alle facies di Grotta Nuova-Farneto-Monte Castellaccio e all’Appenninico - accanto ad elementi terramaricoli dell’orizzonte di Tabina.
La stessa commistione che si avverte anche in una fase antica del Bronzo recente, quando l’insediamento si sposta o si amplia, come sembra testimoniare, in area prossima, il sito di Mezzana Perfetti Ricasoli nel Comune di Campi Bisenzio.
L’eccezionale estensione dell’abitato, se considerato nel suo complesso, e la straordinaria ricchezza dei suoi materiali inquadrabili dalla media età del Bronzo al Bronzo recente, colmano nella Toscana settentrionale una lacuna non solo culturale ma anche cronologica. Finora infatti erano meglio conosciuti gli aspetti della facies di Grotta Nuova, ma estremamente rarefatte risultavano le testimonianze relative all’Appenninico e al Subappenninico, e pochissimi erano i siti in cui venivano riconosciuti elementi di tradizione padana.
La Toscana settentrionale viene quindi progressivamente a perdere, per il periodo in questione, la posizione marginale che gli era stata attribuita da molti autori in ragione della carenza di documentazione, rientrando a pieno titolo nel quadro delle relazioni interregionali che seguivano le direttrici appenniniche. In particolare, il tratto della pianura pratese collocato allo sbocco della Val di Bisenzio che tramite il Valico di Montepiano era collegata al Setta, affluente del Reno, dimostra in modo inequivocabile il suo ruolo di punto nodale di interscambio fra l’area centrale tirrenica e quella padana, evidente soprattutto nel repertorio ceramico, con la ricorrente combinazione di elementi propri delle due aree
Alla fine del Bronzo recente, in concomitanza con il collasso del sistema terramaricolo, sembra di cogliere anche nell’ area in esame una contrazione delle presenze" (P. Perazzi, G. Poggesi 2011).
I contatti fra le due aree si avvertono anche in periodo etrusco.