L’apertura di questa nuova sezione del sito nasce sia dal mio grande interesse personale per l’archeologia, sia dalla convinzione che lo studio della preistoria nel territorio della Val Bisenzio possa riservare delle positive sorprese. Del resto ai piedi della stessa valle, a Figline di Prato, esiste uno dei pochi affioramenti in Toscana settentrionale di diaspro rosso, materiale particolarmente adatto alla realizzazione di manufatti litici.
Non dobbiamo poi dimenticare che la Provincia di Prato, se si eccettua l’area di Carmignano, dove le necropoli etrusche orientalizzanti ed il relativo abitato di Artimino, i grandi tumuli di Comeana e le fortificazioni etrusche di Pietramarina sono entrati già da qualche decennio nel novero delle conoscenze scientifiche, è un territorio pressoché sconosciuto dal punto di vista storico-archeologico, per questo particolarmente promettente.
Allo stato attuale delle conoscenze, possiamo affermare che per quanto concerne la preistoria, il territorio pratese è stato frequentato senza soluzione di continuità dal Paleolitico inferiore alla fine dell'età del Bronzo (Perazzi 2005 e 2006).
Le testimonianze relative al Paleolitico inferiore consistono in scarse industrie rinvenute sui rilievi collinari di Comeana dove si sono rinvenuti due bifacciali acheuleani (Guerrini 1989-90, fig. 1) e da sporadici ritrovamenti effettuati a Vainella. Da qui proviene un piccolo bifacciale ogivale, riferito al Paleolitico Inferiore, mentre il resto dell'industria, oltre tremila pezzi, è difficilmente attribuibile. Alcuni manufatti sembrano essere compatibili con il bifacciale (grossi raschiatoi e denticolati carenati), altri sembrano potersi ricondurre al Paleolitico Medio (raschiatoi e nuclei discoidali) altri ancora al Neo-Eneolitico (cuspidi di freccia, bifaccialetti campignani, scheggioni e strumenti di tradizione del paleolitico antico; Giachetti 2011).
Bifacciali da Comeana
Meglio documentata è la situazione del Paleolitico medio cui sono riconducibili oltre alle già note stazioni di Figline e di Galceti (Gambassini 1972 e 1975) una serie di rinvenimenti effettuati in anni recenti lungo tutta la fascia pedemontana del Monteferrato e della Calvana e ai margini della piana su entrambe le rive dell'Arno. Si ricordano, ad esempio, S. Ippolito (Guerrini 1989-90), le numerose segnalazioni da Prato Rione La Pietà, Villa Fiorita, Montemurlo, Villa Campolmi, Vainella, Galcetello, Comeana. Si tratta di una serie di raccolte di superficie per le quali risultano difficili attribuzioni più precise ad eccezione di Galceti che presenta un'industria in diaspro rosso i cui affioramenti naturali si trovano in prossimità del sito, ricondotta a seconda dei diversi autori ad una fase di passaggio dal Musteriano al Paleolitico superiore arcaico o ad un Musteriano “protouluzziano” (Gambassini 1975; Palma di Cesnola 2001 - fig. 2). Nell’insieme di Galceti osserviamo un impiego assai raro della tecnica Levallois, rarità di supporti laminari, relativa frequenza di denticolati e di schegge ritoccate, fattura mediocre nei raschiatoi – spesso a ritocco parziale – presenza di numerosi elementi di tipo Paleolitico superiore. In seno a quest’ultimi, troviamo pezzi a grossolano dorso profondo, talvolta convesso, troncature e becchi su scheggia, grattatoi a muso e carenati.
L'industria litica di Galceti, da Palma di Cesnola 2001.
Relative all'ultima fase del Pleistocene e alla prima dell'Olocene, cioè al Paleolitico superiore-Mesolitico, senza possibilità, per il momento, di proporre per la maggioranza delle segnalazioni, più precise scansioni cronologico-culturali, sono le numerose testimonianze, sempre di superficie, rinvenute sulle pendici collinari di Artimino alla confluenza tra Ombrone ed Elsana o situate sulle prime propaggini pedemontane sulla riva opposta dell'Arno come Meretto, ubicato su un terrazzo sulla sponda destra del Bisenzio (Gambassini 1972). Qui sono stati individuati raschiatoi, grattatoi, strumenti denticolati insieme ad un grosso nucleo di quarzite (Gei, 1985).
A conferma di una tipologia insediamentale che predilige i terrazzi e i rilievi collinari nei pressi dei corsi d'acqua è la stazione di Poggio alla Malva, l'unico ritrovamento per ora ascrivibile in Toscana ad una fase iniziale dell'Epigravettiano antico (Martini 1982).
A quote più alte, i ritrovamenti sono distribuiti lungo entrambi i crinali della Val di Bisenzo (est ed ovest) fino al Valico di Montepiano.
I siti ad alta quota, lasciati liberi dallo scioglimento dei ghiacci dopo l'ultima glaciazione risultano d'altronde frequentati da gruppi di cacciatori su tutto il crinale dell'Appennino Tosco-Emiliano, in particolare nella valle del Serchio (Tozzi 2000), nell'Appennino pistoiese e nel Mugello e sono stati interpretati come campi base o piccoli bivacchi di cui si conservano strumenti di taglia microlitica utilizzati durante le battute di caccia.
Da segnalare sono i ritrovamenti effettuati dal Gruppo Studi Alta Valle del Reno che aprono nuove prospettive per la preistoria in Val di Bisenzio inducendo a nuove ricerche e ulteriori approfondimenti. Qui di seguito riportiamo un estratto dell’articolo di De Marchi pubblicato dalla rivista “Neuter Noialtri” nel 2001 (per il testo integrale clicca qui).
PALEOLITICO SUPERIORE
Montepiano - crinale est (quota m 710)
Il valico di Montepiano, che con i suoi 704 metri di quota rappresenta il valico meno elevato dell’intero Appennino Tosco-Emiliano, è un luogo di particolare interesse dal punto di vista dello studio del popolamento preistorico. La zona infatti appare ampia e pianeggiante, con brevi pianori posti lungo il crinale massimo dell’Appennino. Purtroppo una urbanizzazione dissennata ha ricoperto quasi per intero la località, distruggendo per la gran parte le sottili testimonianze della preistoria antica.
La ricerca si è pertanto appuntata nei piccoli spazi risparmiati Immediatamente a Est del valico si trova un breve pianoro di crinale leggermente sopraelevato. Lungo una striscia di terreno libera sono stati individuati 2 manufatti in selce nera e gialla stratificata appartenente alla Formazione di Porretta, pertanto proveniente con ogni verosimiglianza dal Monte del castello di Bargi (che del resto per chi si muova su crinale è di agevole raccordo con la località in esame). Tra i reperti è da segnalare un bulino laterale su troncatura. Modello insediativo e funzione del sito: pianoro di crinale; considerato il luogo e che la selce proviene da Bargi, il sito potrebbe avere carattere viario.
MESOLITICO
Montepiano - crinale est (quota m 722)
Lungo lo stesso pianoro di crinale descritto per il sito paleolitico sono stati individuati anche alcuni manufatti in selce attribuibili ad un diverso periodo.
Reperti: 3 manufatti tra cui un grattatoio a muso isolato (G7), in selce rosa, e due schegge in selce grigia.Modello insediativo e funzione del sito: pianoro di crinale, forse una frequentazione stagionale di una zona di valico.
Montepiano - crinale ovest (quota m 720).
Poco a Ovest dello stesso valico si trova un lungo pianoro di crinale in leggera discesa; a lato della strada sterrata che lo percorre è stato possibile individuare, circa a metà dello stesso, una frequentazione antropica individuata da alcuni manufatti in selce.
Reperti: 7 manufatti. I tipi di selce utilizzata sono: grigia (3 manufatti), marrone (3 manufatti), un cortice di ciottolo calabriano del pedecolle padano.
Modello insediativo: crinale pianeggiante a ridosso di valico appenninico (cfr. il sito degli Acquiputoli); funzione viaria.
Badia di Montepiano (quota m 730).
La Badia di Montepiano, situata poco a occidente del valico omonimo, si trova su un terrazzo naturale posto nella vallecola in cui ha origine il Torrente Setta, dirimpetto al crinale appenninico principale, che in questa zona si mantiene basso e pianeggiante. Al di sotto degli edifici antichi posti sul lato a valle della badia stessa recenti lavori hanno messo in luce, entro uno spazio di pochi metri quadrati, un’area di terreno che restituisce numerosi manufatti in selce.
Reperti: 17 manufatti in selce grigia della Serie toscana.
Modello insediativo e funzione del sito: terrazzo di mezza costa in prossimità del crinale appenninico principale.
Loc. Gli Acquiputoli (quota m 999).
Sulla destra della testata del torrente Limentra di Treppio, immediatamente a Ovest del Passo degli Acquiputoli il crinale prende l’aspetto di una lunga cresta pianeggiante alla sommità. Nel punto più elevato di questa sono state rinvenute poche selci combuste, tra di loro comprese entro un’area di circa 1 metro quadrato.
Reperti: 5 frammenti di selce bianca per combustione (alcuni in connessione).
Modello insediativo: crinale pianeggiante a ridosso di un valico appenninico; plausibile funzione viaria (focolare lungo un percorso di valico?).
Cascina Spedaletto (quota m 890).
A poche decine di metri a occidente del sito degli Acquiputoli, precisamente in corrispondenza del cambio di direzione della Limentra (da verso SE a NE), in località Cascina Spedaletto il massimo crinale assume la forma di una ampia insellatura, di particolare suggestione per la panoramica che offre, in giorni di buona visibilità, su Firenze e Prato.
Geograficamente è da notare che un collegamento di questo settore del crinale con la pianura pratese potrebbe ritenersi estremamente agevole: immediatamente a Est di Cascina si innesta sul crinale appenninico principale una cresta secondaria che trae origine dall’alta pianura a Fognano di Tobbiana, allo sbocco della Valle del torrente Agna. Questo crinale ha una lunghezza di soli 5 Km circa.
In una decorticazione del terreno sono stati rinvenuti manufatti litici che, mancando tracce di livelli antropici, fuoriescono da un terreno giallastro pedogenizzato.
Reperti (Tav. n.4, 1-3): 34 manufatti di cui: 10 in diaspro, 4 in calcare silicizzato, 2 in arenaria marrone a cemento siliceo, 2 in selce da ciottolo calabriano, 1 in cristallo di rocca, i restanti in selci grigie da formazioni toscanidi.
Modello insediativo e funzione del sito: pianoro di sella o valico appenninico; plausibile funzione viaria.
Sempre De Marchi nel 2005 (Capecchi A, De Marchi L. 2005) arriva a definire come "eccezionale" il numero di siti di epoca mesolitica (IX - V millennio a.C.) individuati lungo i crinali della massima dorsale appenninica Pratese e Pistoiese, "che sembrano occuparne tutte le insellature nonché altre posizioni come se ogni valico, ogni diverticolo vallivo, ogni sorgente fossero stati conosciuti, frequentati e utilizzati nel corso di un numero indefinito di episodi insediativi". Riguardo alla materia prima utilizzata per la realizzazione dei manufatti scoperti, segnala "un'incidenza particolarmente forte del famoso diaspro o rosso verde proveniente dal Monte Ferrato".
A queste segnalazioni voglio aggiungere alcuni rinvenimenti effettuati dallo scrivente: un manufatto in diaspro rosso nei pressi della Badia di Montepiano, una scheggia, sempre in diaspro rosso ritrovata presso il passo dell'Alpe di Cavarzano e infine un manufatto in selce nera e gialla dal valico de La Crocetta.
Fig. 3 - Manufatti rinvenuti nelle seguenti località (da sin a dx): Montepiano loc. Badia, Alpe di Cavarzano, Valico La Crocetta
Bibliografia:
CAPECCHI A., DE MARCHI L. 2005 - I siti d'altura e le prospettive dell'archeologia globale. Dal Monte Ferrato all'Appennino Pistoiese la nuova fase di studi inaugurata negli anni Settanta, in Microstoria n. 41, maggio-giugno 2005.
DE MARCHI L. 2001 – Primi risultati di una ricerca di archeologia globale nel territorio in Val Reno, in Nuèter Noialtri – Storia, tradizione e ambiente dell’alta valle del Reno bolognese e pistoiese, a. XXVII, n. 54 (dicembre 2001), pp. 333-368.
GAMBASSINI P. 1972, Notiziario – Paleolitico e Mesolitico, Toscana, Prato (Prov. di Firenze), in Rivista di Scienze Preistoriche XXVII, pp. 433-434.
GAMBASSINI P. 1974, Preistoria in Prospettive dell’archeologia pratese, Catalogo della mostra, Prato, pp. 10-13.
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GEI F. (a cura di) 1985, Grotte della Calvana, Prato.
GIACHETTI M. 2011, Esperienza di ricerca archeologia a Prato e nel pratese, www.gonfienti.it.
GUERRINI M. 1989-90, Notiziario – Paleolitico e Mesolitico, Toscana, Comeana (Prov. di Firenze), S.Ippolito (Prato, Prov. di Firenze) in Rivista di Scienze Preistoriche XLII, pp. 354-355.
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PERAZZI P. 2006, La Preistoria nel territorio artiminese, in Artimino, la ricognizione degli anni Ottanta alla luce dei nuovi dati, Firenze.
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