Lungo l'antica strada che conduceva a Montepiano sorge, con la facciata rivolta verso nord, la vecchia chiesa di Sasseta, detta Il Chiesino. «La piccola facciata a capanna, intonacata, è conclusa da cornice in mattoni a dente di sega; in asse col portalino in pietra è un occhio circolare. Alla parte posteriore si affianca il campaniletto a torre, con cella formata da quattro piccole monofore e curioso coronamento piramidale in mattoni posti a spina di pesce, ispirato forse a quello della chiesa di San Paolo a Pistoia. Sul lato est è una lapide capovolta con la data 1776, che si riferisce probabilmente ad un intervento di restauro. All’interno la chiesetta è a due navate: la maggiore, coperta da soffitto ligneo con una capriata, è collegata con due arcate su pilastro, lungo la parete destra, alla navatella laterale, illuminata da una monofora in facciata. Le pareti conservano tracce di una decorazione tarda (primo Novecento) dipinta a lesene con trabeazione recentemente restaurata; il presbiterio ha altare isolato, sotto l’arco trionfale, con mensa sorretta da due balaustri in pietra, secenteschi, e tergale concluso sui lati da volutine. Dietro l’altare è una nicchia che contiene la venerata Madonna della Neve» (C. Cerretelli 1996).
Sul lato opposto della strada è la nuova parrocchiale di San Michele Arcangelo (che assunse il titolo della distrutta chiesa di Poggiole), realizzata nel 1954-58 su progetto dell’architetto N. De Majer.
«La chiesa sorge su un terrapieno raggiungibile con scalinata – lungo il fianco – o con una strada che sale fino al sacrato davanti all’alta facciata a capanna. Questa è rivestita, come i fianchi e il campanile, da un paramento in pietra su struttura in cemento armato, ed è forata da poche, strette aperture (croce al centro e piccole finestre vetrate sui lati); la precede un portico su pilastri in pietra che prosegue sul fianco destro della chiesa, formando nell’angolo una cappella (il battistero). All’interno l’ampia navata ha copertura piana sorretta da travi nervate in cemento armato; in controfacciata è posta una bella tavola, databile intorno al 1580 e proveniente da Poggiole, che raffigura in alto l’Annunciazione, sotto la quale sono San Michele tra San Francesco e un conte Bardi con la figlia; il dipinto celebrativo è ritenuto opera giovanile di Jacopo Chimenti detto l’Empoli (1551-1640).
Nel battistero, sulla destra, sopra un ciborietto del primo Novecento è un Crocifisso ligneo policromo secentesco (a sinistra è un moderno dipinto di La Naja, con la Madonna e il Bambino); il fonte battesimale è moderno (del precedente resta una statuetta col Battista, del Novecento). Nella chiesa due piccole cappelle precedono il presbiterio (sopra quella di destra è una vetrata con gli Evangelisti), chiuso da una balaustra rivestita in marmo; su questa è posta una statua lignea policroma della Madonna col Bambino (probabilmente del primo Novecento) celebrata la domenica successiva al 5 di agosto, per aver, in questo giorno prodigiosamente salvato il raccolto dopo un’improvvisa nevicata estiva, nel XVII secolo. Il presbiterio poligonale ha altare isolato, sorretto da quattro setti in marmo, e, sul fondo un grande Crocifisso ligneo (XX secolo)» ( C. Cerretelli, 1996).
Dietro ad esso, è stato recentemente posizionato il “Ponteggio d’Artista” di Emilio Farina dal titolo “Fons Vitae Christus” (Cristo fonte di vita). «Si tratta di un’ imponente opera costituita da una parete di tavole (7 metri e mezzo per 14), dipinte con terre colorate, realizzata nel 2000 per coprire in modo artisticamente adeguato il restauro degli affreschi di Filippo Lippi nel Duomo di Prato (conclusi nei primi mesi del 2006). È stata la coincidenza con il Giubileo ad ispirare il tema dell’opera. La Crocifissione, anche se si pone, temporalmente, al termine della vita di Cristo, è la summa di tutta l’Incarnazione, perché ne evidenzia e ne mostra il fine: Gesù Cristo, mandato dal Padre a salvare l’uomo, riassume la sua presenza e la sua missione nell’icona del supremo sacrificio d’amore sulla Croce. L’artista è andato oltre, cogliendo al momento della morte del Cristo, l’"emissione" dello Spirito (Gv 19,30). Ed è lo "spirare" di tutta la trama bianca del corpo crocifisso che prelude già alla Risurrezione, mentre si "effonde" con la caduta di gocce di sangue e di "grazia", fino a depositarsi in una plaga o bacile (evidente qui il riferimento al cesto-bacile della testa di Giovanni Battista, raffigurata dal Lippi nei suoi affreschi), disteso nella parte inferiore del dipinto: una "riserva" di salvezza per l’intera umanità. L’altro motivo dominante è il rapporto dialettico con il Crocifisso bronzeo di Ferdinando Tacca che sale dall’altare e concentra la sua nobiltà d’arte e di fede nell’intensità e nella fluenza del corpo, fisicamente consistente» (www.restaurofilippolippi.it). La sua nuova collocazione nella parrocchiale di Sasseta terminata a inizio luglio 2008, ha ribattezzato l’opera come “Il Cristo bianco della val di Bisenzio”.
Il ponteggio d'artista definito "Cristo bianco della Val di Bisenzio", di Emilio Farina, anno 2000
Il Chiesino di Sasseta, anno 1550
L’Annunciazione, i santi Michele Arcangelo e Francesco, e due donatori di Jacopo da Empoli, anno 1580